21 mars 2021. Dita botërore e poezisë organizuar nga poeti i njohur italian Beppe Costa me pjesmarrjen e shume poetëve nga anë të ndryshme të botës, mes tyre nga Shqiperia, Islanda, Palestina, Amerika, Japonia, Maqedonia dhe shumë poetë italianë. Një ditë që koinçidoi dhe me Ditën Botërore të poezisë.
Pata nderin të prezantoj tri poezi të cilat në librin e këtij eventi janë botuar në shqip, italisht dhe anglisht. Ja poezitë si dhe një tekst per misionin e poezisë.
Madre Teresa
Si madre, tu avevi fame,
grande fame d’amore,
era il tuo silenzioso grido
nella lunga notte del calvario,
il grido d’un seno nascosto
e il desiderio di un letto,
ma tu ormai ti eri data,
eri la sposa di Gesù
che stava sul tuo capo con la corona di spine,
e ogni notte una goccia di sangue ti cadeva sulla fronte
sangue sulle tue bianche lenzuola, e gioivi,
Gesù mi ama dicevi
amare non solo me, ma anche il prossimo
i più poveri dei poveri, quelli che ti somigliano,
amali anche quando sono in agonia,
fino all’ultimo respiro,
con abnegazione, farfalla grigia del cielo…
tanto li amasti, tu, farfalla da ali pietose dell’etere,
hai girato le spalle a tutti i piaceri di questo mondo
nelle braccia della statua della Vergine avevi scritto “Ho fame”,
là, nella Casa del cuore puro,
là dove nelle tue braccia moriva il bambino abbandonato di Kalkuta,
dove una nuova ferita si apriva nel tuo cuore,
mentre il tuo corpo pieno di piaghe vagava
nell’infinita notte di Titagarh,
le tue ferite versavano luce sulle strade sepolcrali
rosa di rosso acceso da mille brillanti petali a Kaligat,
sì Gonxhe[1], tu avevi fame,
poiché davi tanto amore agli altri,
a quelli che erano più affamati di te,
che il mattino dopo morivano insieme a te,
oh! centomila morti insieme,
le donne brahmani pregavano la divinità Kali,
pregavano anche per te, Sorella di Bengali,
Madre Teresa con gli occhi per il mondo dei cechi,
il tuo sari blu appariva nella strada
come bandiera di speranza e manto d’amore,
Non siamo soli dicevano i lebbrosi,
La nostra Madre sta arrivando coi passi di sole.
cosi ti aveva insegnato la tua Drania[2] da bambina,
Fai un bene come si getta un sasso nel mare,
e tu hai riempito il mare coi tuoi sassi caldi,
tu, nostra madre morta
che salì sull’altare dei poeti,
nei cieli degli amori di un mondo orfano…
Elegia per bambole del Mar Egeo
Per le bambole mai è stata scritta un’elegia,
elegia di lutto per i loro sogni,
ma nelle coste di Egeo oggi,
è troppo poco intonare un’elegia per loro,
per i loro occhi spenti nella immane disgrazia
esauste e abbattute da temporali, fulmini e tempeste.
Per le bocce taciute dei figli inghiottiti dal mare
fuggiti dalle guerre e dal terrore del mondo,
solo le piccole scarpe son rimaste
e i fazzoletti delle madri persi chissà dove,
e queste bambole senza nome, senza gambe e mani,
senza le loro camicie ricamate
e occhi che non possono più raccontare niente
dai loro viaggi infernali,
spietate sono state gettate fin qui alle coste dell’Egeo…
Per le bambole mai hanno scritto elegie dice la risacca,
mai, dice il vento che furioso picchia la rupe,
il vento con un urlo alla gola come in un pianto omerico, fa eco.
Questa è l’elegia per le scarpe che domani non saranno indossate,
l’elegia per i bambini che non sogneranno più,
per i loro occhi spenti in un mondo di meraviglie plumbeo
nel Mar Morto del Umanesimo…
Baba Modi ascolta Mozart
Baba Mondi ascolta Mozart
non nel Tekke Maggiore di Tirana
ma nel “Teatro Palace” nel cuore di Parigi
dove un ballerino albanese danza sul palco,
“L’angelo è sceso!” Dice Baba Mondi
mormorando le preghiere dei suoi corifei
l’angelo apre le braccia e si libera nell’aria,
«Pas de deux»
e la barba di Bektashi trema
da questa colomba di pace,
sembra che Mozart sia tornato nel mondo dei vivi
con il suo vestito verde e il bastone magico,
un ballerino, un Mozart e la danza senza fine del derviscio
che gira volteggiando senza posa qui a Parigi,
tra le preghiere di tutto il mondo
per cantare all’amore come Haji Bektash Veli.
Baba Mondi chiude gli occhi:
“Mai più guerre, morti e bombe
poiché siamo spirito dello spirito
e progenie dello stesso amore!”
Nell’oscurità divina
al derviscio sembra di ballare con l’angelo
in un’ebbrezza senza fine,
non più nel “Palace”,
ma sotto la cupola accesa del cielo,
sopra il corpo della terra bruciata,
in un Requiem di Mozart!
La Res-publica della poesia
Ho sempre creduto nella profezia della poesia nel nostro futuro.Quasi due secoli fa, nel caos delle filosofie tristi e della grande depressione, delle lunghe guerre tra gli imperi che stavano scuotendo l’Europa, il grande poeta Hölderlin fece un appello proclamando un’idea innovativa che la vita dovrebbe essere vissuta poeticamente, perché avrebbe portato L’Europa e il mondo verso il Bene, verso l’umanesimo, verso l’amore per gli uomini e il vero progresso. Così, in questo tempo che vive la società albanese, l’appello di Hölderlin è più che attuale, sempre innovativo nel clima di grande disillusione di questo sogno di democrazia e libertà, perché oggi la corruzione, il fango, l’immoralità hanno preso per la gola la società albanese, soffocata. dalla concupiscenza dell’oligarchia politica, dall’insofferenza dei politici che lo pensano per la loro felicità, che ha portato alla sconfitta dell’uomo, dell’individuo e della società civile.
Inoltre, nel tempo in cui viviamo, minacciati dall’egemonismo, dalle guerre di religione e da ogni tipo di intolleranza, la chiamata a tornare alla poesia può infondere nuova vita nella società, per umanizzarla, per renderla sensibile alla virtù e alla moralità . Per questo la poesia dovrebbe avere una nuova missione, quella di guidare la società, perché quando sorgono la poesia, la letteratura e le arti, nessuna forza può scuotere la loro volontà. Ai suoi tempi Rimbaud insisteva sul fatto che il Poeta doveva essere il Profeta del tempo, del popolo, perché c’era bisogno di un nuovo movimento umano verso un’altra società, la cui immagine può essere trovata nelle sue Illuminazioni, dove il poeta, come scrive, “cerca di combattere e di lottare”, quindi di essere il profeta di una nuova era.
La stessa cosa che abbiamo visto in Victor Hugo o in Mayakovsky delusi dalla Russia dei Soviet, l'abbiamo vista in Lorca, Ricos, Whitman o nei surrealisti francesi. Lo stesso grido che sentiamo nella poesia dell'albanese Migjeni per cambiare i sistemi, i valori, perché nel tempo moderno che viviamo, nel tempo delle nuove tecnologie e delle integrazioni, la società albanese soffre di nuovo il fatalismo, la grande fuga del intellighenzia, debolezza e incapacità di farsi carico del proprio destino. Dove sono gli intellettuali, i poeti, gli artisti? Hanno scelto di essere emarginati, di rinchiudersi nei loro laboratori, studi e caffè? Come possiamo avviare una "rivoluzione" umanista nello spirito del moderno Erasmus?
In un'epoca in cui sempre più persone sono tornate alla poesia, scrivendo e pubblicando su riviste come Poeteka, in circoli di poesia o antologie poetiche, dimostra che le persone, stanche della politica attuale, vogliono vedere il mondo e il loro futuro in modo diverso. La poesia oggi non è più proprietà di un gruppo d'élite. La poesia sta diventando non solo espressione personale ma anche collettiva e generale. Perché in grande disperazione, l'uomo albanese ha bisogno di una moralità sociale, che si rivolga non solo alla bellezza e all'amore, ma anche alla poesia sociale, perché prima dobbiamo cantare la bellezza dello spirito a questi territori dell'anima e della solidarietà umana. È possibile una tale rivoluzione spirituale?
Sicuramente perché è questa poesia che porterà ottimismo, creerà una sorta di utopia per questa vita che vorremmo costruire, perché la poesia riesce a risvegliare la coscienza umana e può dare senso alla vita, all'azione, alla costruzione di tutto, perché la Parola ha più valore dello scintillio del denaro. Infine, la poesia è l'arte del coraggio; osa legare chi si trova su fronti diversi, perché attraverso la forza della parola riesce a legare gli spiriti, oppure, come diceva san Giovanni Perse, “anche attraverso una strofa la poesia riesce a concentrare il presente, il passato e il futuro , l'umano con il sovrumano e tutto lo spazio planetario in uno spazio universale ”. Come nei paesi progressisti dell'Europa, che, in tempi di depressione, sono stati in grado di creare un potere spirituale e filosofico autonomo che abbiamo chiamato "Respublica littéraria", questa specie di "repubblica" che vorremmo creare nel nostro paese, perché la poesia e l'arte ci spinge ad avere riflessioni più profonde per la bellezza della mente e per il futuro. Per questo il poeta Yves Bonnefoy, all'età di 92 anni, in una delle sue ultime poesie scriveva:
"Amici miei / questa terra diventa sempre più oscura / e spesso, è disumana / ma credo che la Bellezza esista e abbia un significato / Credo che ci sia ancora un significato nel crearlo… ”.
Questa è la poesia che diventa una profezia separata, tanto desiderata da Arthur Rimbaud o dal nostro poeta Migjeni. Credi in questa profezia!
Che una "Respublica littéraria" emerga in tutti i nostri paesi.
Mother Teresa was hungry
Yes mother, you were hungry,
suffering the great hunger of love,
it was your silent cry
the calvary and the long night,
your tears for the hidden chest
and the desire for a warm bed,
but you were a promised bride,
your “husband” Jesus
resting upon your head like a crown of thorns,
every night a drop of blood fell on your forehead
blood on your white sheets,
and you rejoiced
Jesus loves me, you would say
Jesus tells me to love others
the poorest of the poor, the ones like you,
love them even in their agony,
to the last breath,
and deny yourself, you gray butterfly of heaven …
and you loved them dearly, you sad butterfly of heaven,
denying yourself all dreams of this world,
beside the Virgin’s statue “I’m hungry” you wrote,
there, in the House of the Kind Heart*,
where the abandoned Calcutta baby died in your arms,
where wound after wound would open in your heart,
and your wounded body wondered
through the never ending nigh of the Titagarh’s,
the gloomy streets shone from your leaking wounds
scarlet colour roses with a thousand petals in Kaligat,
yes Gonxhe, you were hungry,
because you gave others all your love,
those who were hungrier than you,
dying the next day at dawn with you,
oh, one hundred thousand deaths together,
the Brahman women prayed for the “Kali” deity,
they also pray for you, “Sister of Bengal”,
“Mother Teresa” with eyes only for the world of the blind,
Your blue “sari” appeared on the street
like a flag of hope and a love bed,
“We are not alone” said the lepers,
“Our mother is coming, walking on the footsteps of the sun.”
taught by your Drania** as a child,
“Do a good deed as if throwing a stone into the sea,”
and you filled the sea with your stones of love,
you, our passing mother,
climbing the altar of the poets,
through skies of the love of an orphaned world…
Elegy for Aegean Sea Dolls
For dolls, an elegy has never been written,
an elegy mourning their dreams,
but today on the Aegean coast,
an elegy alone too little seems to be,
for their faint eyes in the great calamity
burned and thrown by thunderstorms and lightning.
For the silent mouths of children left at sea
fleeing the war and the horror of the world,
there is nothing but their small shoes left,
the scarves of the lost mothers who knows where
and these nameless dolls without hands and feet,
without their adorned shirts
and eyes that no longer can speak of anything
from their hell-journey ,
dolls washed out on the Aegean coast …
For dolls, elegies have never been written says the foamy wave,
never, repeats the wind that hits the rocks,
the wind that weeps with its Homeric tears.
This is the elegy of shoes that will not walk tomorrow,
the elegy of children who can no longer dream,
the elegy of their extinguished eyes in the world of bullet-like wonders
in the Sea of the Dead Humanism…
Baba Mondi listens to Mozart
Baba Mondi listens to Mozart
not in the Tirana Grand Tekke
but at the “Palace”, in the heart of Paris
where an Albanian dancer performs on stage
“The angel” has descended on earth! – says Baba
murmuring the prayers of his coryphaea
the angel opens his arms and jumps in the air
“one of a kind”
Baba’s beard shivers
of this dove of peace
and it seems to him that Mozart is back
in the world of the living
dressed in green, with his magic wand
an angel-dancer, a Mozart and the infinite dance of the dervish
whom pirouetts constantly here in Paris
amidst the prayers of the whole world
to sing to love like Bektach Veli.
Baba Mondi closes his eyes:
“Never again war and bombs,
we are all the breath and children of the same love! “
He murmurs in the divine darkness where the world turns
imagining himself dancing with this angel
in an endless drunkenness,
not at the Palace
but under the lighten couple of the sky,
on the burning trunk of the earth,
Mozart’s Requiem!



