Epistolario di Zarata

Mbi librin «Epistolario di Zarata” nga Blerina Suta

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Studjuesen Blerina Suta nuk e njoh nga afër, veç përmes botimeve të fundit të saj dhe do të doja shumë ta njihja. Studimi i saj rreth librit tim “L’Epistolario di Zarata” botuar para pak muajsh në Firence, më pëlqeu shumë, një studim që u mbajt më 20-21 shkurt të këtij viti në konferencën ndërkombëtare të Napolit, “Il silenzio e forme” organizuar nga Universiteti i Studimeve Orientale. Doja thjesht ta falenderoja dhe ti tregoja mirënjohje të veçantë për punën aq serioze dhe optikën se vepra e Dantes është gjithnjë aktuale dhe domethënëse për botën moderne dhe zbërthimin e sistemeve totalitare.

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(Fragment)

La prassi traduttiva come allegoria della voce del dissenso nell’Albania comunista: “L’epistolario di Zarata” di Luan Rama

Il romanzo di Luan Rama “Epistolari i Zarates”/”L’epistolario di Zarata” (recentemente edito in Italia da Scribo, con traduzione di Rosa Ruci Dishnica) è composto da tredici missive, inviate alla moglie, nelle quali il prigioniero politico Frederik Çoba, ex insegnante di lettere, racconta la propria esperienza traduttiva dell’Inferno di Dante.

La domanda montaliana “che cosa Dante possa rappresentare per uno scrittore d’oggi”, di un “oggi” senza spazio e tempo, sembra che tocchi anche lo scrittore albanese Luan Rama, che attraverso uno spaccato del miracolo dantesco nel ‘medioevo’ comunista dell’Albania, ci rende partecipi di una rara storia di dissenso nell’Albania comunista, paese del mondo ex che non ha conosciuto la dissidenza, invece conosciuta da altri paesi del campo comunista sotto forma di ‘disgelo’ (come lo chiama Matvejeviç).

Il romanzo prende spunto dalla pubblicazione di alcune lettere di Mark Ndoja, alla moglie Milena. di uno dei traduttori di Dante in albanese, intellettuale di primo ordine [scrittore, studioso di letteratura, classicista, traduttore della letteratura classica in albanese (Omero, Orazio, Dante), di quella romantica (Carducci, Heine), del modernismo (D’Annunzio) e di quella albanese in italiano, attivista antifascista e comunista, politico albanese.], condannato nell’Albania comunista, come tanti altri, dopo la Seconda Guerra Mondiale, a causa dei principi ideologici da lui espressi sulla letteratura

Dopo aver pubblicato la prima edizione del suo romanzo, Luan Rama viene a conoscenza di vari epistolari e varie storie di altri condannati politici e rimane colpito per la somiglianza dei tratti umani e l’analogia del percorso di resistenza alla realtà dolorosa dei processi politici e delle condanne.

L’autore del romanzo sceglie, simbolicamente, di narrare attraverso le lettere l’esperienza traduttiva dell’Inferno, anche se il materiale epistolare della storia-pretesto di Mark Ndoja, narra alla moglie la traduzione del “Purgatorio” e del “Paradiso”, durante la prigionia sull’isola di Zvërnec.

Ne ha riprodotto il contesto l’autore Rama, con l’occhio da regista, descrivendo l’isola di Zarata con gli stessi tratti paradisiaci dell’isola di Zvërnec, vicino alla costa di Valona [slite], in cui, l’unico edificio, il monastero del 300 era stato adibito a prigione [slite] e, a parte le guardie, l’unica compagnia per i prigionieri era rappresentata dai santi delle icone bizantine dei murales.

Il romanzo sfida il genere epistolario per l’oggetto allegorizzato della trattazione: il contenuto delle missive inviate alla moglie costruisce una via della resistenza quale prassi luminosa contro il buio del silenzio del regime.

Tornando al romanzo-oggetto, anche se il narratore sente che la propria voce “si dissolve nell’oscurità della notte” (5 lettera), l’analogia con le immagini della lingua dantesca lo aiutano a prendere coscienza di come “sentirsi liberi anche se rinchiusi in una cella, anche quando ti serrano la bocca” (let. 13).

L’epilogo del romanzo (let. XIII) in cui il protagonista si dichiara cambiato, “Ora che ho terminato l’Inferno vedo la vita diversamenete.”, è esplicazione della più totalizzante esperienza di salvezza attraverso la parola.

Quando il protagonista dicchiara che “Dante non è più colui che ho letto un tempo, no, Dante è un altro”, possiamo affermare che è lo stesso autore Rama ad essere cambiato insieme ai suoi personaggi: il Dante dei suoi studi non è più lo stesso, dopo la libera traduzione dei suoi versi danteschi utilizzata nel romanzo.

Narrare la traduzione di Dante, nelle condizioni estreme del medioevo comunista, aiuta ad individuare i contorni montaliani di “un nuovo medioevo di cui non possiamo ancora intravedere i caratteri”, in un mondo come quello di oggi, tanto rumoroso e privo di stile…